Pigmenti, Minerali

Il nero e le sue sfumature: il carbone di vite

Carbone di vite

Carbone di vite“A colori” da un lato, “in bianco e nero” dall’altro, quasi come se questi ultimi non facessero parte dell’affascinante mondo dei colori.

Curiosando nel passato scopriamo la particolare storia della coppia bianco e nero nei settori più diversi, dalle prime stampe con inchiostro nero su carta bianca alla scoperta dello spettro elettromagnetico che l’aveva esclusa dai colori.

Nel corso del tempo, grazie agli artisti e agli scienziati, il bianco e il nero hanno riacquistato il loro posto nella scala cromatica, anche se, per abitudine, continuiamo a parlare di film e fotografie “a colori” o “in bianco e nero”.

Etimologia

Il nero, in particolare, ha avuto una vita tutt’altro che semplice. Fin dall’antichità è sempre stato associato all’assenza di luce, spesso al male e alla negatività.

Dal punto di vista lessicale, si usavano due termini: ater e niger. Ater è una parola di origine etrusca e identificava la sfumatura opaca e spenta del colore, quindi brutta, sporca e triste tanto che, con il tempo, ha perso il significato cromatico a favore di quello emotivo che tuttora usiamo: atroce. Il latino niger indicava, invece, un nero più brillante con un’accezione positiva. Esso, infatti, comprendeva una vasta gamma di sfumature che dovevano essere specificate, per esempio nero come la pece, nero come l’inchiostro e così via.

Dal colore al pigmento: il nero nell’arte

Il successo del nero è notevole soprattutto in campo artistico come pigmento. Nelle preparazioni più antiche si otteneva dal carbone di legna ricavando diverse sfumature a seconda del tipo di legname. Un pigmento molto apprezzato e ricercato era il carbone di vite, colore profondo con riflessi bluastri, realizzato bruciando tralci di vite secchi e residui del processo di vinificazione.

Le ricette del nero da carbone di vite nel corso del tempo

Nella preparazione, durante il riscaldamento del materiale è molto importante che non ci sia ossigeno, infatti non si parla di combustione, ma di pirolisi.

Preparazione del carbone di vite. Clicca per vedere il video!

Cennino Cennini, artista rinascimentale, nel suo “Libro dell’arte”, scrive

Poi è negro e’ quale si fa di sermenti di viti, e’ quali sermenti si vogliono bruciarli e quando sono bruciati buttarvi su dell’acqua e spegnierli. E poi triarli a modo dell’altro nero.

E questo è ccholor negro e magro, ed è de’ perfetti cholori che adoperiamo; ed è il tutto.

In una ricetta del XIX secolo usata soprattutto in Germania e in Francia, prevedeva dei grandi recipienti cilindrici con un’apertura nel coperchio che consentiva il passaggio del fumo durante il processo; i prodotti erano poi lavati più volte in acqua bollente per eliminare le impurità presenti e macinati su una lastra di porfido fino a ottenere la finezza voluta.

Il nero carbone svela bozze e ripensamenti dei pittori

Il pigmento ricavato dal carbone è stato ampiamente usato fin dalla Preistoria e lo ritroviamo nella maggior parte delle opere d’arte perché era utile per tracciare il disegno preparatorio dei dipinti. Esso, fino al secolo scorso, era nascosto alla nostra vista sotto lo strato pittorico, oggi, invece, ci rivela bozze e ripensamenti dei pittori grazie alla tecnica non distruttiva della riflettografia infrarossa. Lo strato pittorico è quasi del tutto trasparente alla radiazione infrarossa che raggiunge indisturbata lo strato sottostante. Qui trova il nero carbone che la assorbe e il gesso, usato per preparare la tavola o la tela, che la riflette. In questo modo viene restituito il disegno tracciato dall’artista spesso rifinito anche con il tratteggio delle ombre: un’opera d’arte destinata a restare nascosta.

 

Da maltrattato a ricercato e apprezzato, il colore nero ha avuto il suo riscatto; seguendo i segni del pigmento dalle caverne prestoriche ai dipinti in epoca più recente, possiamo ripercorrere l’intera storia dell’arte e del pensiero umano.

Concetta Lapomarda